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Tra Oriente e Occidente. La musica russa del Gruppo dei Cinque

La ricerca, o la riscoperta, di una propria identità nazionale passa certamente attraverso il recupero della tradizione. Se questo è per noi un assunto incontestabile così non doveva essere nella Russia della seconda metà del XIX secolo, dove ancora si avvertiva quella dipendenza dalla cultura europea che aveva caratterizzato gli ultimi tre quarti del secolo precedente con i regni di Pietro e Caterina. Leggi il resto di questa voce

La musica nei campi di concentramento. L’imperatore di Atlantide di Viktor Ullmann

Come può esserci libera produzione artistica, ovvero la massima espressione dello spirito dell’uomo, in contesti dis-umani e in-umani come quelli concentrazionari?

È questa la domanda che si pongono coloro i quali vengono a contatto con le opere composte dai reclusi nei ghetti e nei campi di concentramento nazisti e l’esempio più significativo è dato dalla musica composta o eseguita nel campo di Terezìn, una cittadella fortificata nei pressi di Praga nella quale furono rinchiusi artisti, aristocratici e ufficiali dell’esercito ebrei, che avrebbe destato troppo scalpore rinchiudere da subito nei campi di concentramento “regolari”. In questo campo, per ragioni di propaganda, fu consentita una vita artistica, e, nonostante il sovraffollamento, i lavori duri e le condizioni di vita difficili, numerosi musicisti si dedicarono all’arte con risultati straordinari. Compositori, direttori d’orchestra e di coro, musicisti solisti e orchestrali, cantanti di coro e solisti, in gran parte morti nelle camere a gas, diedero vita a una stagione estremamente feconda. Leggi il resto di questa voce

Il “morbo di Baumol”, i costi del teatro d’opera e la necessità dell’intervento pubblico per lo Spettacolo

Il settore dello Spettacolo dal vivo è caratterizzato da un particolare fenomeno, detto “sindrome di Baumol” dal nome dell’economista che per primo ne definì chiaramente i caratteri.

Volendo semplificare basti dire che, per i teatri, ad esempio, non sempre l’aumento della quantità prodotta si traduce, in un bilanciamento del peso dei costi fissi[1]. Leggi il resto di questa voce

Leggerezza e grandiosità nelle sinfonie di Gustav Mahler

In pieno post-romanticismo Mahler cerca di rinnovare dall’interno le tradizionali strutture musicali immettendo nelle sue sinfonie elementi appartenenti ad ambiti estranei a quelli della cosiddetta musica colta. Procede sistematicamente all’accostamento di momenti di classica bellezza con forme e ritmi “presi dalla strada”: cantilene, canzoni popolari, ritmi di danze, marce. L’unione di questi elementi di certo eterogenei è però resa in grandiose costruzioni nelle quali sono privati del loro originairio carattere “basso” acquisendo piena dignità musicale. L’esempio probabilmente più calzante di questa operazione è dato dal terzo tempo della prima sinfonia, Il Titano. Questa parte della composizione, infatti, ha per tema una famosa canzone popolare francese Frère Jacques il cui sviluppo a canone, partendo dalla semplicità della melodia, cresce e si sviluppa fino a risultati di grande imponenza sonora. Leggi il resto di questa voce

Jean-Baptiste Lully e la nascita dell’opera francese

Personaggio poliedrico, compositore, musicista, bouffon di corte, direttore di teatro, organizzatore di feste, Jean-Baptiste Lully rappresenta uno dei più importanti casi di fuga di cervelli italiani all’estero.

Giovan Battista Lulli nasce, infatti, a Firenze nel 1632, ma già all’età di dodici anni si trasferisce a Parigi per servire la figlia di Gaston d’Orléans.
Il 1653 è l’anno della svolta, allorquando passa al servizio della corte reale iniziando un percorso che lo porterà a divenire il signore incontrastato del teatro lirico francese e uno dei maggiori uomini di fiducia del Re Sole. A partire dal 1664 inizia il suo sodalizio con Molière, insieme al quale dà vita alla comédie-ballet, una serie di divertimenti legati insieme da un canovaccio di commedia. Questo nuovo genere costituisce un primo significativo passo per il superamento dell’opera “all’italiana” importata in Francia dal Mazarino. Leggi il resto di questa voce

Il 1685 di Bach, Händel e Domenico Scarlatti

La storiografia insegna che è ben difficile definire delle periodizzazioni nette, con precisi anni di inizio e fine.

Ci sono però anni che, indubbiamente, fanno da spartiacque. È il caso della scoperta dell’America o della Rivoluzione Francese.

In musica uno di questi è il 1685, ovvero l’anno di nascita di Georg Friedrich Händel (23 febbraio), Johann Sebastian Bach (21 marzo) e Domenico Scarlatti (26 ottobre).

Con questi tre autori la musica non sarà più la stessa ponendo le basi di un mutamento irreversibile che raggiungerà il suo compimento con altri tre compositori, i grandi viennesi, alcuni decenni dopo. Leggi il resto di questa voce

Il duro lavoro dell’esecutore

Eseguire una musica contiene in sé inscidibilmente l’atto di tramandarla. È questa una caratteristica che appartiene solo a quest’arte e a nessun’altra. Qualunque musicista, nel momento in cui approccia allo studio e, successivamente, all’esecuzione di un brano deve fare i conti non solo con sé stesso e con l’autore di esso ma con tutti gli elementi che hanno arricchito e mutato il pensiero musicale e la capacità di ascolto del pubblico fin dal giorno della composizione di quella musica. L’opera del passato non arriva infatti mai a noi come era in origine, giunge all’esecutore permeata di tutti i segni e di tutti i sensi che le sono stati dati dal tempo. Il concetto di fedeltà all’autore ha valore solo quando, superando l’ingenuità delle impossibili esecuzioni filologiche, si riesce a cogliere tutto l’insieme dei sedimenti che inevitabilmente quella musica si porta addosso. Leggi il resto di questa voce