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La musica nei campi di concentramento. L’imperatore di Atlantide di Viktor Ullmann
Come può esserci libera produzione artistica, ovvero la massima espressione dello spirito dell’uomo, in contesti dis-umani e in-umani come quelli concentrazionari?
È questa la domanda che si pongono coloro i quali vengono a contatto con le opere composte dai reclusi nei ghetti e nei campi di concentramento nazisti e l’esempio più significativo è dato dalla musica composta o eseguita nel campo di Terezìn, una cittadella fortificata nei pressi di Praga nella quale furono rinchiusi artisti, aristocratici e ufficiali dell’esercito ebrei, che avrebbe destato troppo scalpore rinchiudere da subito nei campi di concentramento “regolari”. In questo campo, per ragioni di propaganda, fu consentita una vita artistica, e, nonostante il sovraffollamento, i lavori duri e le condizioni di vita difficili, numerosi musicisti si dedicarono all’arte con risultati straordinari. Compositori, direttori d’orchestra e di coro, musicisti solisti e orchestrali, cantanti di coro e solisti, in gran parte morti nelle camere a gas, diedero vita a una stagione estremamente feconda. Leggi il resto di questa voce
Musica e strumenti musicali nella Roma antica
I Romani furono in campo musicale grandi debitori delle civiltà che incontrarono durante la loro storia. Nei tempi più antichi essi accolsero infatti la musica etrusca, derivata molto probabilmente da quella fenicia ed egiziana, quella degli altri popoli italici e, soprattutto, quella greca.
Mentre però per i Greci la musica era una componente fondamentale dell’educazione morale e intellettuale dei cittadini, i Romani la utilizzarono in una mera funzione di accompagnamento nelle feste religiose, nei banchetti e nelle rappresentazioni teatrali. Leggi il resto di questa voce
Redenzione e crisi nella musica da camera di Schumann
Il 1840 può considerarsi come un anno spartiacque nella vita e nella produzione di Robert Schumann. Sposa Clara Wieck, pianista e figlia del suo maestro, incontra Liszt, dalla cui energia rimane affascinato, e dà inzio a una nuova fase della sua produzione: non più solo composizioni per pianoforte ma Lieder, musica sinfonica e da camera.
Inizia così un periodo tanto felice quanto breve. Già nel 1844, infatti, cominceranno a manifestarsi i primi sintomi di quella depressione che, pochi anni dopo, lo condurrà a tentare il suicidio.
Proprio a metà di questi anni, nel 1842, la produzione cameristica di Schumann raggiunge i risultati più brillanti con la composizione dei tre Quartetti per archi op.41, dedicati a Felix Mendelssohn, del Quartetto op.47 per pianoforte e archi, dedicato al conte russo Mathieu Wielhorsky, e del Quintetto op.44, sempre per pianoforte e archi, dedicato a Clara. Leggi il resto di questa voce
Leggerezza e grandiosità nelle sinfonie di Gustav Mahler
In pieno post-romanticismo Mahler cerca di rinnovare dall’interno le tradizionali strutture musicali immettendo nelle sue sinfonie elementi appartenenti ad ambiti estranei a quelli della cosiddetta musica colta. Procede sistematicamente all’accostamento di momenti di classica bellezza con forme e ritmi “presi dalla strada”: cantilene, canzoni popolari, ritmi di danze, marce. L’unione di questi elementi di certo eterogenei è però resa in grandiose costruzioni nelle quali sono privati del loro originairio carattere “basso” acquisendo piena dignità musicale. L’esempio probabilmente più calzante di questa operazione è dato dal terzo tempo della prima sinfonia, Il Titano. Questa parte della composizione, infatti, ha per tema una famosa canzone popolare francese Frère Jacques il cui sviluppo a canone, partendo dalla semplicità della melodia, cresce e si sviluppa fino a risultati di grande imponenza sonora. Leggi il resto di questa voce